7. apr, 2021

DA QUI TUTTO EBBE INIZIO E FINE...

Le giornate scorrono lente e la routine prende il sopravvento sui sentimenti. Ci si abitua al bacio del mattino fino a dimenticarlo, i dialoghi a cena diventano cronache fino a non ascoltarli più. E così un po’ alla volta le vite si allontanano, si ricorda a malapena il profumo della persona che sia ha vicino, quel profumo che abbiamo amato e conservato respirando il maglione che ci ha prestato durante una lontana sera di settembre.

Anna ha dimenticato perché ama suo marito e spesso si chiede se lo abbia mai amato. Ma ora tutto questo non conta, non vuole pensarci. Ha un figlio, un marito, una casa e un lavoro. Dovrebbe bastare.

Sente il passo pesante di suo marito che scende le scale, chiude a chiave la porta del bagno e poi più nulla. Non ha mai capito la sua mania di chiudersi, anche prima di avere un figlio. Erano loro due, marito e moglie, ma lui non aveva mai voluto che lei entrasse, anche solo per un minuto, sia che si stesse lavando i denti o solo pettinandosi. Anna ha sempre interpretato questa eccessiva intimità come un allontanamento ben più profondo tra loro due.

Il buio delle Mattine d'inverno crea un senso di mistero alla casa. Anna ogni mattina si sveglia alle 6:00. La sua stagione preferita è l'inverno quando è ancora buio e l'oscurità del giorno non fa paura. Le scale scricchiolano.

Sono le 7.00 Anna sale in camera del figlio. «Amore, è ora, svegliati» gli sussurra ancora assonnato e con gli occhi chiusi le si aggrappa al collo e come un piccolo koala. Si fa accompagnare in braccio fino al bagno. Il marito è in cucina a bere il caffè. Con delicata fermezza Anna infila la maglia e la divisa grigia e blu dell'asilo a Luca che con condiscendenza si lascia muovere come un burattino senza fili

Anna sente le scale scricchiolare, suo marito sta salendo in camera per vestirsi. Lei esce dal bagno con suo figlio e lo accompagna in cucina dove la colazione è pronta. Nel frattempo in pochi minuti si veste.

Dall'armadio prende il suo vestito preferito, le fa risaltare i fianchi e una delicata scollatura. Le rose rosse spiccano nel nero della lana sottile e i volant sopra al ginocchio le danno un'aria più sbarazzina.

Un saluto sbrigativo prima di salire ognuno nella propria auto. L'asilo è vicino. Con dolcezza saluta il figlio e lo lascia alla maestra. L’aria è fredda e asciutta.

Un filo di trucco può bastare. Sono tutti pronti. Accovacciata davanti al figlio, Anna gli chiude il giubbotto, alza il bavero, lo avvolge con una lunga sciarpa e gli infila un caldo berretto. Quasi distrattamente calza un paio di décolleté nere preparate la sera, si mette il cappotto ritirato il giorno prima in pulitura. Il marito prende il giubbotto e le ventiquattrore. Escono.

Mentre la macchina corre veloce tra curve e tornanti, Anna ripensa al suo passato, come è diventata ora la sua vita e ai sogni che aveva. Da ragazza era piena di brio, gioia e voglia di giocare. Guardava le nuvole e immaginava caprette, fiori e uomini barbuti. A letto giocava con le ombre delle sue mani che prendevano vita sul soffitto della camera. Aveva sempre amato la felicità che ogni momento poteva lasciarle. La sua famiglia pensava che fosse troppo stravagante.

Tutti hanno sempre pensato a lei come una ragazza e donna molto stravagante. Sua madre le diceva che era strana, troppo vivace, troppo gioiosa, troppo superficiale, suo marito per fortuna era il classico uomo di famiglia, di quelli che se ne incontrano pochi. Non beveva alcolici, non fumava, non bestemmiava, era un gran lavoratore e dedito solo a casa e lavoro. Per fortuna c’era lui a spegnere le stravaganze di Anna, per fortuna c’era lui a spegnere Anna.

Ora guida con mille pensieri. Conosce quella strada a memoria. Fin da piccola la percorreva in lunghe passeggiate con sua nonna. Riconosce i boschi che un tempo erano prati curati e tagliati. La strada un tempo assolata e luminosa, ora si apre buia tra pini e larici cresciuti senza controllo.

E con gli anni lei si era convinta di essere sbagliata, quella sempre sorridente, con i capelli troppo corti o troppo rossi, quella vestita tanto in tuta da ginnastica quanto con i tacchi a seconda dell’umore. Si era convinta che la via giusta fosse quella, che doveva essere così, come aveva fatto sua madre prima di lei. Doveva accettare tutto questo. Forse essere donna significava sparire e smettere di sorridere.

Parcheggia l’auto in un viottolo del paese sperando che dalla strada non venga notata. A quell’ora del mattino sono già tutti via, solo qualche vecchia signora è ancora in casa. Fa troppo freddo, usciranno più tardi per andare a fare la spesa. Scende dall’auto stando attenta a non scivolare sulle piccole lastre di ghiaccio.

Non ricordava bene con chiarezza il giorno in cui si erano rivisti dopo molti anni, un fugace saluto, lo scambio dei numeri di telefono e poi un appuntamento. Una cena tra amici, senza doppi fini, una serata che per non far terminare li aveva portati a casa di lui. Nella sua piccola sala, lui seduto in una imponente poltrona in pelle bordeaux e lei stesa ai suoi piedi a pancia sotto, il mento appoggiato ai palmi delle mani, i gomiti puntellati al pavimento e i piedi scalzi svolazzanti nell'aria come a scacciare insetti invisibili. Mentre lui racconta antiche favole dimenticate e episodi di vita quotidiana con ricercata semplicità, lei rimane immobile ad ascoltarlo come una bambina estasiata di fronte ad un arcobaleno. La magia di colori che Anna vede non ha inizio e non ha fine, la assapora in quel momento perché sa che poi svanirà. Gli occhi marroni di Giulio sono stanchi, appoggia gli occhiali sul bracciolo della poltrona e si stringe fra indice e pollice il piccolo incavo del naso. Anna accovacciata a terra gli si avvicina e dolcemente appoggia la testa sulle sue ginocchia. Anche lei è stanca, ma non vuole che quella serata finisca. Giulio dolcemente le posa la mano sulla testa e rimane fermo. Un minuto o forse due. Quell'eterno momento di silenzio è un urlo tra le loro anime che dopo anni si sono destate e hanno gridato tutta la solitudine che tenevano nascosta.

E così i mesi sono volati tra lunghe passeggiate alla luce del sole, appuntamenti fugaci e mattine d'amore a casa di Giulio rubate al lavoro.

La stringe a sé fino al letto e la sdraia dolcemente.

Ora un brivido di freddo trapassa il corpo di Anna, suona il campanello. Giulio apre la porta ancora in pigiama e con l'aria assonnata. L'aria da studente secchione che aveva ai tempi della scuola non gli è mai andata via. La bacia subito e un altro brivido le attraversa il corpo.

«Non muoverti – le dice- non avere fretta». In piedi lui la osserva con dolcezza, si inginocchia, le sfila le scarpe, poi le calze. La accarezza dolcemente. Le sfila il vestito.

«Non ti muovere – ripete – ascolta il tuo corpo». La sua bocca assaggia ogni angolo di lei mentre con le dita scivola tra le gambe. Poi si ferma e la guarda negli occhi. Vuole osservarla mentre prova piacere. La bacia e la mano continua a muoversi dentro di lei. Anna geme, inarca la schiena e tende ogni muscolo del corpo. Ora lui si alza e rimane fermo di fronte al suo corpo ancora tremante. Anna si siede, gli sfila la maglia e gli toglie i pantaloni ricambiando con la bocca il piacere che ha provato. Nessun gemito, nessuna tensione, solo un dolcissimo silenzio di due corpi che si incontrano e si ascoltano. Un dialogo, un piacere nel far provare all’altro sensazioni di estasi.

Anna si sente in imbarazzo. Anche se ha un bel fisico asciutto, nessun uomo l’ha mai guardata davvero. Anche suo marito ha sempre avuto la fretta di penetrarla senza apprezzare tutto il suo corpo, a volte senza baciarla, prendendola da dietro e risolvendo l’amplesso in pochi minuti. Ora lui la guarda con amore. Non si è ancora tolto il pigiama, solo lei è nuda.

«Ora devo andare – sussurra Anna –devo andare»

Momenti rubati. Libertà rubata.

Dopo una mattina in cui si sente realmente amata, tornare alla realtà è quasi un incubo.

Come un automa Anna sale in auto. Ogni volta che lo lascia ha la sensazione di aver dimenticato di dire qualcosa e così gli telefona. Lui lo sa e la aspetta. Un saluto, una battuta o un promemoria. In verità non vuole lasciarlo, non vuole perdere la sensazione che prova perché, quando non si vedono, tutto è più difficile e la vita scorre tra la quotidiana monotonia e la perenne sensazione di essere invisibile. Per tutti, per suo marito, per i suoi genitori e persino per le sue amiche che lei vede come casalinghe falsamente felici, proprio come lei. Questa situazione la sta trascinando alla follia.

Ogni giorno le è sempre più difficile continuare questa farsa. Ora ha persino il coraggio di sognare, forse troppo. I mesi passano e quell’amore clandestino l’ha cambiata. Non vuole più essere invisibile.

Quella mattina esce di casa come al solito, accompagna il figlio a scuola e corre da lui. La strada le sembra più lunga, ha fretta, il vento scuote gli alberi, in qualche curva fatica a vedere la carreggiata, qualche ramo caduto la intralcia. Rallenta, prende fiato, si calma. Anche il vento si placa. Anna scende dall’auto. Bussa alla porta. Giulio apre certo che l’avrebbe vista e l’abbraccia. Tra le lacrime Anna gli sussurra: «Portami via con te. Scappiamo via da questa vita».

Dopo quelle parole, lui si allontana piano piano. Le telefonate diventano meno frequenti e più brevi, gli impegni più numerosi. Anna è di nuovo sola, ancora invisibile.

La donna che è la porta a capire senza chiedere, fa anche lei dei passi indietro e un po’ alla volta ritorna alla sua realtà. Casa, famiglia, lavoro. Non si sogna più. In quasi un mese quelle parole vengono spinte con forza in fondo alla mente e al cuore.

Ha la testa in subbuglio, i pensieri si accavallano come onde sulla spiaggia. Aveva smesso di sognare, ma la sua anima è sempre stata libera, innamorata e viva. La realtà non è come la immaginava, non è proprio come l’avrebbe voluta. E ora questo. Un amore travisato, un marito distratto e una vita già scritta. Non ha via di scampo. È sola. Si sente sola.