17. apr, 2021

IL MIO EROE

Ti guardi allo specchio e non vedi tuo padre, tu sei diversa da lui, lo sai, il tuo eroe fin da bambina ti guarda ogni mattina in ufficio e ti giudica, vede in te ciò che tu non credi di essere.

Hai sempre paura, lui mai.

Lui decide tutto, ti ha cresciuta nell’azienda di famiglia a sua immagine e somiglianza, ma non ti ha mai lasciata libera, sei sempre sotto la sua forza.

Entri in ufficio e non sai mai cosa aspettarti, se la giornata andrà bene o male a seconda del suo umore, a seconda di cosa gli ha preparato per cena tua madre.

È sempre stato così.

Sono scappati tutti i suoi operai, ne è rimasto solo uno: era quasi un bambino quando è arrivato, lo vedi ancora magro e insicuro, plagiato da tuo padre che gli ripete in continuazione Tu non pensare, fai come dico io.

Sei abituata a quelle parole.

Era sempre stato lui a trattare con la ditta Mens mentre tu rimanevi nell’ombra, prendevi appunti e sorridevi come una bambola di pezza, eri solo la figlia di…

Ti trucchi poco, non riesci a mettere la matita nera perché ti trema la mano, sai che non devi essere appariscente, in mezzo a tutti quegli uomini, non ti devono guardare come una donna, ma come una persona che lavora. Te lo ha insegnato tuo padre, al lavoro non sei una donna, sei asessuata.

Ma non ti dispiace, ti piace sentirti protetta e al sicuro, come quando eri bambina, ci sei abituata e avresti paura a rimanere nel mondo da sola decidendo tu della tua vita, sarebbe rischioso.

Frettolosa vai in camera e ti infili un paio di pantaloni neri e un maglione a collo alto, anche se ieri sera sei stata un’ora a guardare l’armadio aperto, alla fine hai scelto sempre gli stessi abiti e le solite scarpe basse. Sei pronta. Ti nascondi ancora di più tra la sciarpa e il giubbotto e chiudi il portone dietro di te lasciando accesa la luce in casa mentre fuori è buio.

Alle sei del mattino, le quattro frecce lampeggiano nel buio e sali esaminando tutti i possibili intoppi tecnici o lavorativi che potresti avere.

Hai l’auto di tuo padre, per viaggi lunghi te la presta, lui dice che la sua Volvo è più sicura della tua Citroen, una marca tedesca è comunque migliore perché i francesi sanno solo fare il formaggio e neppure molto bene.

Ieri hai già controllato tutto: pieno di benzina, pressione delle gomme, acqua del tergicristallo, dépliant e schede tecniche.

È tutto pronto, tranne tu.

Dovevi immaginare che il periodo sereno in ufficio sarebbe finito, prima o poi un intoppo qualsiasi avrebbe causato una crepa nel suo umore. Accade sempre così.

Da che avevate acquisito la Mens come nuovo cliente tuo padre era ancora più tronfio e tu eri meno inquieta.

Hai risposto tu al telefono: Buongiorno, le chiamo subito mio padre, era questo il tuo compito, passargli le telefonate, e quella fu la peggiore: un pezzo del macchinario che gli vendevate dava dei problemi e rischiavate di perdere il cliente, dovevate intervenire subito.

Mentre te ne stavi seduta davanti al computer, tuo padre, con il giubbotto addosso e la mano sulla maniglia per uscire, ha girato appena la testa verso di te dicendo: «Domani vai tu, io rimango in ufficio».

Per dimostrare serietà e professionalità, punto forte della vostra azienda, ha prontamente fissato un appuntamento alla sede della Mens, chiamando il fornitore del componente difettato e tutti i responsabili che potevano essere presenti in quel giorno.

Non hai chiesto spiegazioni, non ti sei scostata dal tuo schermo, hai detto solo Va bene, come dici sempre a tutto, non hai scelta, devi andare e lo sai.

In auto cambi sempre stazione, non ascolti nulla e pensi solo a lui, a quanto potrai deluderlo oggi.

Sei in anticipo e aspetti chiusa nella sua auto, la sua Volvo, ripassi a memoria tutti i manuali e le schede tecniche come prima di un esame, ma sai che non ti serviranno a nulla.

Ti dai un’ultima controllata allo specchio, sei perfettamente anonima e in ordine come devi essere, i capelli sono normali e di certo passerai inosservata.

Ti guardi intorno, il capannone sembra un hangar, potrebbe contenere un aereo, uomini in tuta blu roteano come in una pista sul ghiaccio con i loro muletti elettrici. Ti senti un mattoncino nel mondo Lego.

Sono tutti lì, di nascosto ti asciughi la mano con il fazzoletto nella tasca del giubbotto e la  allunghi verso il responsabile dello studio tecnico, l’addetto vendite, il capo ufficio commerciale, l’ingegnere e accenni un sorriso anche al magazziniere che in quel momento sfreccia vicino a voi.

Stringi al petto la tua cartellina in pelle come fosse un paracadute e ti avvicini appena al gruppo di uomini.

Stai continuando a sudare.

Intorno al tuo macchinario, sembrano a un funerale con il loro abiti in giacca e cravatta e li senti parlare: la situazione è grave, non possiamo spedire all'estero un prodotto malfunzionante, tentiamo di diminuire la pressione, secondo i miei disegni se lo posizioniamo orizzontalmente potrebbe funzionare, dobbiamo variare tutto il progetto, un’idea sarebbe aumentare la misura del tubo.

Stai pensando al rimmel, ai capelli, alla lacca che hai messo per renderli vaporosi, non stai capendo nulla.

Li ascolti in silenzio e pensi a tuo padre, se ci fosse lui saprebbe cosa fare e dire, lui sì parlerebbe bene, invece tu accenni sorrisi e abbassi appena la testa aggrappata a quella tua cartellina su cui stai lasciando gli aloni delle mani bagnate.

Pensi a tuo padre. Lo stai deludendo e lo sai.

Immagini la scena se ci fosse stato lui oggi, imponente, con il suo ampio torace e lo sguardo autorevole avrebbe detto due parole a voce così bassa che tutti si sarebbero zittiti per ascoltarlo, in pochi minuti l'attenzione sarebbe stata solo per lui e nessun altro facendo tacere tutti quei saputelli. Ma tu non sei come lui.

Cosa sta dicendo, ti scuoti ed esci dal tuo torpore. Pensi a tuo padre.

Ascolti, ora sta parlando il tuo fornitore, quello che ti ha venduto i pezzi che non funzionano: «La valvola che noi forniamo non può sopportare una pressione maggiore, quindi se volete continuare ad acquistare questo articolo, vi suggerisco di cambiare tutti i vostri impianti».

È il momento di intervenire, con un passo avanti ti fai largo tra quegli uomini in giacca e cravatta, il semicerchio si stringe, ma tu non ti fermi, entri al centro in mezzo a loro facendo dondolare la cartellina con una mano lungo il fianco: «Scusate se vi interrompo» guardi dritto negli occhi il tuo fornitore per quei secondi di troppo che rendono chiaro l’intento, poi ad uno ad uno il tuo sguardo prende quello degli altri: «Questo macchinario è prodotto dalla mia azienda e sono io che acquisto ogni singolo pezzo e sono io responsabile del suo malfunzionamento e sono io che perdo il cliente se le sue valvole non funzionano e quindi sono io che decido a quale fornitore rivolgermi perché la nostra politica è che il cliente ha sempre ragione e deve essere soddisfatto facendo quanto meglio possiamo quindi assicuro tutti voi che il problema verrà risolto».

Ecco, lo hai fatto, hai parlato come tuo padre e poi c’è stato silenzio finché hai sentito dire al responsabile della produzione: «Bene, allora siamo d'accordo. Il problema è risolto, possiamo andare».

Ora puoi respirare.

Saluti, sali in auto e ti aggrappi al volante per non perdere questa tua nuova forza, allunghi il collo verso lo specchietto retrovisore e controlli occhi, bocca e capelli: sono in ordine e la lacca ha tenuto.

Appena rientri in ufficio ti siedi alla scrivania, rispondi al telefono e continui il tuo lavoro come nulla fosse e, quando tuo padre bofonchia Come è andata oggi? Tu gli rispondi appena Tutto bene.

Non gli spieghi che è andato tutto bene perché ti sei comportata come lui.