24. apr, 2021

GLI OCCHIALI

Paolo aveva chattato con lei per mesi, prima di convincerla a incontrarsi di persona, si dimostrava timida e insicura, era la prima volta che conosceva qualcuno tramite Twitter, ma dopo la morte del suo fidanzato non era più uscita di casa. Gli diceva che le era rimasta una sensazione di terrore inspiegabile, la paura di vivere per non morire.

Con Paolo, durante le conversazioni on line fino a tarda notte, Anna si era svelata e aveva confidato tutti i suoi disagi, senza però trovare il coraggio di vederlo, finché un giorno si sentì pronta e organizzò un’uscita, a patto che avvenisse a casa sua.

Paolo arrivò puntualissimo con un mazzo di fiori (pensò non sarebbe stato il caso di aggiungere una bottiglia di vino al primo appuntamento), lei aprì subito, era perfetta come una kokeshi giapponese; i capelli neri a caschetto, lisci e immobili le cadevano dritti fino alle spalle e la frangetta squadrata le copriva appena le sopracciglia. Sorrise con le labbra chiuse, gli occhi le si assottigliarono e le pupille nere diventarono un tutt’uno con le folte ciglia, la figura affusolata era avvolta da un abito rosso e fucsia a fiori bianchi, che le fasciava le braccia fino al collo e ne risaltava la pelle lucida e trasparente. Erano camelie così perfette da sentirne il profumo.

Lui era vestito casual, con una camicia a righe sbiadite bianche e blu, un paio di jeans chiari strappati in alcuni punti e un paio di occhiali rotondi che gli davano un aspetto giovanile come il maghetto Harry Potter. Alle donne piaceva, e si sentivano a loro agio con un uomo che non appariva pericoloso.

Era stata una cena perfetta, Anna si era dimostrata una donna premurosa e affabile, le pietanze erano delicate come lei e le candele arricchivano l’atmosfera di aspettativa.

Quando Paolo entrò nel bagno e si sedette sul water (ebbene sì, non aveva mai perso l’abitudine che gli aveva insegnato sua madre per rispetto al lavoro di casalinga che faceva) vide, appeso allo scalda salviette bianco, alto fino al soffitto, una tela grezza di spago écru che ne ricopriva quasi l’intera superficie, appesa con un attaccapanni di legno e forata in punti equidistanti tra loro, tanto da formare una scacchiera gigantesca a buchi.

Nella maggior parte dei fori erano appesi degli occhiali da vista di ogni genere, colore e forma: rettangolari blu, rotondi in osso marrone, affusolati color rosso fuoco, neri a righe beige e molti altri ancora. Ogni occhiale era precisamente disposto in ordine di colore e grandezza, infilato nel proprio foro, verticale e perfettamente in ordine. Quasi non avrebbe notato le lenti trasparenti a forma di pesce, se non fosse stato per le asticciole Tiffany che risaltavano sulla stoffa beige. 

Un paio lo affascinò in particolar modo: era nero, semplice nella forma della lente rettangolare, ma a metà delle stanghette aveva due prolunghe verticali, larghe come due basette incastonate di strass scintillanti.

Ogni occhiale rispecchiava una persona diversa oppure una personalità?

Dopo un primo momento di piacevole stupore, Paolo si sentì a disagio e confuso.

Udiva i passi leggeri di Anna che riordinava la cucina e preparava il caffè, e si chiese come poteva avere così tanti occhiali, visto che ora non ne indossava nemmeno uno. Ricordò che anche sua madre li portava ogni tanto, solo per leggere, e qualche volta per guardare un dettaglio, ma ne aveva solamente un paio, o forse due, uno lo teneva in borsetta e il secondo a casa. Ma avere tutti quegli occhiali solo da lettura, non aveva molto senso.

Più Paolo cercava una spiegazione logica a quella strana parete, più non la trovava.

Forse quella sera indossava le lenti a contatto per essere più attraente, poteva capirlo, molte donne non pensano di essere affascinanti con gli occhiali, ma anche questa ipotesi non aveva valore altrimenti ne avrebbe avuto solamente un paio.

Riguardò attentamente il quadro surrealistico davanti a lui e si incantò pensando che, in tutti i negozi in cui era stato, non aveva mai visto una tale diversità di modelli, erano sicuramente il frutto di una ricerca oculata durata anni e anni.

Guardando attentamente vide che non c'erano occhiali simili ai suoi, di tutte le forme mancava proprio quella rotonda.

Si pulì, tirò su mutande e pantaloni in fretta e con aria furtiva (benché nessuno lo stesse guardando) li volle provare. Gli sembrava la vetrina di un negozio che riuniva tutte le particolarità di forme, non resistette alla tentazione.

Era miope e negli anni era peggiorato, perciò aveva più volte cambiato le lenti mantenendo la stessa montatura.

Prese gli occhiali rossi, si era sempre chiesto come sarebbe stato con una forma affusolata, ma in effetti non gli piacevano. Quindi Anna era astigmatica, non miope come lui, perché indossandoli non vide una differenza nel suo difetto.

Chissà che effetto avrebbero fatto sul suo viso quelli in osso marrone, a goccia, erano proprio carini. Vedeva un po’ male, erano comunque per una persona miope, ma non con un difetto grave.

Poi provò quelli senza montatura, con le lenti tagliate a forma di pesce, le stanghette fissate sulla coda e il nasello sulla bocca dei due animali. No, neppure questi gli si addicevano, troppo particolari, ma vedeva bene; quindi Anna era miope come lui...

«Paolo?» chiamò Anna dalla cucina «tutto bene?»

«Paolo!» bussò Anna «ti serve qualche cosa? Stai male?»

«Sì, arrivo, ho quasi finito!» farfugliò mentre infilava nel foro anche l'occhiale nero, quello con le basette. Se non fosse stato per i brillantini gli sarebbe piaciuto molto, era proprio originale, anche se vedeva molto sfuocato perché la lente sembrava di vetro.

Prima che lui ebbe il tempo di rispondere, lei aprì la porta e lo vide con gli occhiali dorati in mano.

«Quelli ti starebbero bene» disse con voce flebile, quasi un sussurro «la persona che li indossava era un uomo un po’ più giovane di te, ma con i tuoi lineamenti. Provali!»

«Scusami, non sono stato educato a toccare le tue cose, la tentazione era forte».

«Tutti sono tentati»

«Complimenti per la bella collezione, comunque» tergiversò nella speranza di raggiungere la cucina.

Paolo infilò la stanghetta nel secondo foro in terza fila, dopo gli occhiali marroni, e prima di quelli beige e bianchi. Si avvicinò alla porta, ma Anna rimase di fronte a lui con un sorriso che lo inquietò: troppo dolce, troppo gentile, esageratamente lezioso.

«Grazie, fatico molto a trovare occhiali così, una ricerca accurata nel vasto mondo di internet. A volte in video sembrano belli, poi quando li vedo con i mei occhi, non sono così interessanti e non li voglio, ma desidero tenere sempre con me quelli che mi colpiscono di più».

«Ho visto che hai degli occhiali molto particolari» continuò Anna.

La voce delicata e soffusa di Anna non rassicurò Paolo il quale indietreggiò per raggiungere istintivamente la finestra, ma dopo un attimo realizzò che era al quarto piano di un nuovo condominio, in una zona ancora in costruzione, circondato solo da gru e impalcature.

«Nulla di che» sminuì lui «la solita montatura nera e rotonda. Li puoi trovare in qualsiasi negozio e costano poco».

«Non è vero, riconosco un pezzo originale quando lo vedo, me ne intendo. Ho incontrato molti uomini in Twitter con un paio come i tuoi, ma non erano così particolari: la montatura è perfettamente rotonda e le stanghette sono esattamente a metà della lente, con quelle piccole giunzioni argentate che fanno risaltare il tutto come un piccolo gioiello, e i naselli poi, non sono di plastica dozzinale e morbida, ma rigida e trasparente da scomparire in viso, come se l'occhiale fosse sospeso e non appoggiato al naso».

Anna aveva visto bene, Paolo ricordò quanto aveva supplicato il suo amico a New York affinché gli procurasse quella montatura, indossata da Matt Damon nel film La lunga notte. In questo momento rimpianse quella spesa folle e con disperazione ricordò il finale del film: il protagonista, uno studente universitario, era stato avvelenato dalla sua fidanzata. Erano film particolari e fuori dagli schemi che lui prediligeva, ma in questo momento avrebbe preferito ricordarne uno a lieto fine.

«Che dici, andiamo in cucina a bere il caffè?» tentò con un guizzo di leggerezza Paolo.

Anna rimase immobile, allungò la mano destra verso il viso di lui. Era magra, bianca, le nervature sporgevano dal dorso e le nocche erano tumori su dita affusolate.

«Certo Paolo, ma ora ti devo parlare, rilassati e guardami bene, non muoverti e ascolta». La mano si faceva sempre più vicina e iniziò a sentire il freddo che emanava.

Paolo non riuscì a muoversi.

Sentì che le forze gli venivano meno, gli girò la testa, ebbe un formicolio alle mani e le gambe cedettero.

«Passami gli occhiali» disse Anna suadente «si romperanno e io non voglio che ciò accada».

Gli venne da vomitare, dei crampi insopportabili alla pancia lo piegarono in ginocchio e cadde a terra abbracciandosi il ventre.

«Paolo, dammi gli occhiali, non ti serviranno mai più» continuò Anna senza fretta.

Dopo più nulla.

Paolo sentì la sua mano gelida prendere quegli occhialetti rotondi da maghetto, con gli occhi sottili e annebbiati dal dolore la vide infilarli nel foro vicino a quelli neri con le basette e chiudere dietro di sé la porta del bagno.

IL MESSAGGERO VENETO                              

24 Aprile 2021

Giallo nel vicentino: trovato corpo senza vita in un cantiere edile

Un uomo di quarant'anni è stato trovato in un cantiere edile nella nuova zona residenziale di Via Bacchina a Vicenza. A fare la macabra scoperta è stato un operaio che stava per cominciare il suo turno di lavoro. L'uomo non aveva nulla a che fare con l'impresa.

Sul posto sono intervenuti i carabinieri, che stanno ricostruendo l'accaduto per accertare le cause del decesso.