5. giu, 2021

IL PRIMO APPUNTAMENTO

Dopo un iniziale periodo di sollievo, la separazione aveva comportato anche alcuni cambiamenti organizzativi che per Anna furono i peggiori: i figli per due fine settimana al mese andavano a dormire da papà con zainetto in spalla e trolley alla mano. Dopo averli accompagnati alla macchina con il più generoso e sereno sorriso che potesse mai dimostrare, chiudeva il portone di casa ed entrava in un mondo nuovo: la solitudine.

Trascorreva due giorni tra divano, patatine e interminabili telefonate con le amiche che in ogni modo cercavano di distrarla, ma inutilmente.

Una tra loro, dopo quasi due mesi di tenace opera di convincimento, aveva organizzato una cena a quattro, per presentarle un amico.

«Non preoccuparti» le diceva «è solo una persona piacevole con cui uscire, un uomo di compagnia che ha molti interessi. Non cerca storie, non vuole iniziare nessuna relazione. È solo una serata tra amici, non è un appuntamento al buio».

Anna era riluttante, non voleva socializzare, ma rimanere chiusa nel suo guscio ad aspettare che tutto passasse come per magia. Era stanca, non si sentiva più l’energia per fare nulla.

Dopo aver posticipato un paio di volte, cedette più per amicizia che per convinzione.

Aveva segnato sul calendario la fatidica cena con tre punti esclamativi di autoconvincimento, il giorno dopo la piscina dei ragazzi e quello prima della riunione con il comitato dell’asilo del quale era segretaria attenta e scrupolosa nel far tornare i conti sempre in rosso.

Ora doveva solo pensare a lei. Dopo una rapida doccia e un trucco leggero, svuotò mezzo guardaroba per cercare l'abito adatto. Minigonna assolutamente no, abitino attillato neanche guardarlo, pantalone nero troppo serio. Ecco, trovato.

I trolley gialli e verdi a forma di automobile da corsa erano pronti, Anna aveva preparato con cura le tute da casa, i pigiami per la notte e i vestiti della domenica, tutto ordinatamente suddiviso in sacchetti di plastica trasparenti con un biglietto di istruzioni in bella vista. Negli zainetti metteva i loro giochi preferiti, gli immancabili fazzoletti e il libro delle fiabe della buonanotte.  

Infilò decisa un paio di pantaloni a vita bassa verde militare con tasconi lungo la gamba ed elastico alla caviglia, una camicetta bianca, un maglione con scollo a V a rombi verdi e blu, come quelli che usava suo padre, anzi, a giudicare dalla taglia, forse era proprio il suo. E infine un paio di anfibi e giubbino in pelle nero.

Non voleva uscire, non voleva dare l’impressione di essere a caccia di un uomo, non voleva essere una donna.

La vennero a prendere a casa e appena scese di fronte al ristorante le si chiuse lo stomaco.

Ristorante Fior di mare, specialità pesce crudo. Le origini montanare di Anna avevano concesso al suo palato al massimo delle scatolette di tonno e qualche sardea in saor annegata nel sapore dolce della cipolla, figuriamoci del pesce vero e magari anche crudo.

Tutti erano elegantissimi, incluso lo sconosciuto accompagnatore che, con malcelato imbarazzo, esternava una polverosa galanteria.

Respirò a fondo e in pochi secondi ripassò a mente tutte le prove e le difficoltà che aveva già superato. Esami di terza media: fatti, diploma: ok, laurea: fatta, matrimonio: dato, figli: nati, separazione: fatta. Una cena a pane e acqua, vestita come un uomo, scaricatore di porto, non doveva certo spaventarla.

Per tutta la cena fu concentrata nel non schizzare di limone i vicini di tavolo (limone con cui ricopriva il sapore di ogni squisita pietanza), pronta a deglutire a pezzi quasi interi il pesce crudo accompagnato da un abbondante bicchiere d'acqua e impegnata a non avere espressioni schifate mentre annusava le ostriche.

Dopo una rapida occhiata al menu, rivelò a bassa voce al suo malcapitato accompagnatore che non aveva mai mangiato pesce in vita sua e lui, per nulla colpito da questa rivelazione, con entusiasmo e competenza le fece da Cicerone, durate tutta la serata, nell'uso delle posate, nella sfilettatura, nel condimento e abbinamento del vino.

In tutto questo venne sempre scortata da un viso sorridente e comprensivo della sfortunata guida che con estrema delicatezza la spingeva ad assaggiare tutto.

Finalmente la serata era giunta al termine e mentre ritornava a casa, con la pancia gonfia d'acqua, Anna pensò a malincuore che non avrebbe più rivisto il su dolce assistente culinario.

Oggi, a distanza di undici anni, di fronte a un piatto di carpacci di salmone e tartare di tonno, ancora le dice: «Povero me che ti ho insegnato il gusto del pesce crudo. Mi saresti costata meno». Ed è per questo che lo ama ancora...