25. lug, 2021

L'ORA DI CENA (PARTE III)

È mezzanotte.

Paolo non c’è.

È tornato a casa nervoso come aveva previsto.

Voleva i carciofi.

Ora l'odore di cenere e fumo copre quello del disinfettante, dell’olio bruciato e del detersivo per i pavimenti con cui ha pulito il pavimento.

Il caminetto è acceso. Ha bruciato le false lettere d'amore, quelle che l'avevano fatta sognare, con le quali si era illusa che fosse vero.

Ogni volta che sbatteva la fronte sul comodino in camera o sulla porta del frigorifero, lui le scriveva una romantica lettera, colma di scuse, di giustificazioni e promesse, e lei credeva sempre alle sue parole.

Quando si ruppe il braccio cadendo dalle scale (abitavano al piano terra) sua madre tentò di convincerla, vieni a stare da me, le disse, lascialo, ma lei non volle rinunciare alla casa che le aveva dato un sogno.

Ricordava ancora il giorno in cui andarono a comperare il divano, lei lo voleva rosa e lo presero nero, come piaceva lui, però fu libera di scegliere il tappeto morbido del salotto, su cui ultimamente inciampava spesso. La camera era la stanza che preferiva, il letto in ferro battuto nero e i comodini in legno antico, forse un po' troppo spigolosi. La cucina calda e accogliente come doveva essere.

Non riusciva ad andare via da quella casa e rinunciare a ciò per cui lottava ogni giorno. Lo aveva visto fare da sua madre e lei doveva resistere per la famiglia che aveva scelto.

Questo le era stato insegnato.

Il fuoco ora è spento. La stanza è buia. Le luci dei lampioni illuminano appena il volto di Anna, in ginocchio, china di fronte al caminetto, con le braccia senza vita appoggiate sulle gambe. Si guarda le mani, si accarezza la pancia. Non sta piangendo. La cenere fluttua nell'aria, mossa come piccoli origami che svolazzano e le portano pace, felicità, amore e forza.

No, non sta piangendo adesso, quello nell’occhio non è sangue, non il suo.

Questa sera il fuoco era acceso e, mentre si stava accarezzando il polso livido, pensava alle due linee rosa nello stick che aveva lasciato sul lavandino del bagno, incinta, avrò un bambino, doveva proteggerlo.

Fissava le bugie che aveva deciso di bruciare e far svanire per sempre nel camino, quando a un tratto lui le aveva afferrato la spalla sinistra e istintivamente lei si era difesa con l’attizzatoio.

Era stato solo un attimo, non poteva sapere quanto sangue schizzasse da un cranio fracassato.