2. ott, 2021

LA CREATURA MORTA DUE VOLTE

Amo cucinare e, senza falsa modestia, posso affermare che mi riesce abbastanza bene.

Ho iniziato dalle cosiddette basi: pelare le patate, tagliare la cipolla e lacrimare, tenere ferma l’anguilla per la testa mentre lei tirava la pelle per scuoiarla, pulire i polipi schizzando di nero tutte le piastrelle della cucina e stendendo sul tavolo la pasta bollente per le lasagne.

La mia scuola non è quella classica dei grandi chef di oggi (dove per sfamare gli ospiti devi invitarli almeno sia a pranzo sia a cena per due giorni consecutivi) bensì quella di mia madre che mi ha trasmesso questa passione.

Poi ho iniziato da sola i primi esperimenti leggendo ricette nuove e applicando gli insegnamenti di mia madre. Et voilà! Cucino e mi piace!

Ciò che amo di questa pratica così sconosciuta nella vita reale di oggi, presi dal lavoro e sempre con poco tempo a disposizione, è condividere con gli amici quello che preparo, organizzare cene luculliane e sedermi a tavola soddisfatta nel vedere una compagnia compiaciuta nel cuore e nel palato.

In periodi non sospetti (fino allo scorso anno) organizzavo molte cene a tema, abbinando la stagione e la festività, oltre che al cibo, anche alla tovaglia, alle posate e stoviglie.

A Carnevale preparavo una tavola con coriandoli sparsi qua e là e maschere appese lungo i fianchi, nel periodo autunnale presentavo il risotto con la zucca nel suo ortaggio incavato su di una tavola decorata con candele arancio. Se volavo con la fantasia in Spagna a mangiare la paella, i segnaposto erano dei piccoli ventagli rossi.

Quando il mio compagno propose di organizzare una cena con il baccalà, la mia fantasia fu messa a dura prova. Il baccalà che lui intendeva era il classico stoccafisso da mettere in ammollo per tre giorni, avendo cura di cambiare l'acqua spesso.

L'organizzazione quasi militare di questo preparativo venne calcolata in ogni piccolo dettaglio:

- Cena il sabato sera quindi operazione ammollo giovedì mattina.

- Acquisto di una bacinella da biancheria ovale azzurra.

- Spesa dello stoccafisso di tipo Ragno, ideale per la buona riuscita

- Procedura di ricambio acqua ogni tre o quattro ore al massimo, notte compresa, mettendo la sveglia alle due e alzandomi come uno zombi e tornando a letto con l’odore di un morto vivente.

Lentamente vedevo questo scheletro secco senza testa prendere forma e, orrore, redivivere come appena pescato.

Il sabato mattina avevo pianificato tutto.

Prima cosa preparazione delle verdure di contorno, poi antipasti e dolce, infine la parte più difficile, la decorazione della tavola. Il tema dello stoccafisso non aveva stimolato la mia creatività e avevo ripiegato su una tovaglia semplice con un lieve tocco di colore nei bicchieri e nei tovaglioli, senza esagerare con l'eleganza.

Per le ore dodici era tutto pronto.

Mancava solo la preparazione e cottura del Frankenstein marino che consisteva in pulitura, farcitura e infarinatura.

Dopo un’ora mi svegliai, aprii la porta della camera e dal salotto sentii russare.

La pentola accolse in grembo i pezzi della mia creatura e, dopo un'ultima regolazione del fuoco in base al grado di bollitura, pensai di riposare un po' per evitare di presentarmi agli invitati alla sera come la moglie di Frankenstein, lasciando il semplice compito di verifica e controllo al mio compagno.

Come un'immagine al rallentatore, mi vidi scendere le scale, precipitare in cucina, aprire la porta, avvicinarmi al fornello, guardare la pentola, alzare il coperchio e guardai un unico blocco nero come l'ardesia.

Più che dall'odore di bruciato, ero frastornata da quello che stavo guardando.

Ogni parte di me rimase sospesa in un mondo ovattato di stupore mentre il mio compagno stava dicendo qualcosa che non sentivo.

Immobile di fronte alla mia creatura, morta due volte, sentii gli occhi umidi e le guance bagnate.

Mi lasciai andare sulla sedia come una marionetta senza fili finché il mio improvvisato burattinaio mi sollevò dicendomi: «Questa sarà una cena a tema vegetariano».